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CTU nella responsabilità sanitaria, la Cassazione chiarisce: la CTU è valida solo se collegiale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15594 depositata l’11 giugno 2025, ha affrontato con particolare nettezza una questione centrale nel contenzioso sanitario: l’obbligatorietà della collegialità nella consulenza tecnica d’ufficio prevista dall’art. 15 della legge 8 marzo 2017, n. 24 (legge Gelli-Bianco).

La pronuncia si distingue per la fermezza con cui dichiara la nullità di ogni sentenza fondata su una CTU non collegiale, anche quando la consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi sia stata espletata prima dell’entrata in vigore della normativa.

Il caso e la questione di diritto

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte presentava una peculiarità temporale significativa: la consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi era stata disposta prima dell’entrata in vigore della legge 24/2017, ma il giudizio di merito si era svolto già sotto il nuovo regime normativo.

La sentenza impugnata aveva deciso nel merito sulla base di un accertamento tecnico redatto da un solo medico legale, senza l’ausilio dello specialista di branca richiesto dalla normativa.

Il quesito centrale era dunque se un accertamento tecnico monocratico, ancorché cronologicamente precedente, potesse legittimamente fondare una decisione resa in un giudizio avviato successivamente all’introduzione del nuovo regime legale.

La ratio costituzionale della collegialità

Nel risolvere la questione, la Cassazione richiama la giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sent. n. 102/2021), che ha individuato nel principio di collegialità della perizia medica un presidio imprescindibile di completezza, imparzialità e rigore metodologico.

L’art. 15 della legge 24/2017 impone infatti la nomina di un collegio peritale composto almeno da un medico legale e da uno specialista della branca coinvolta, al fine di assicurare la congruità tecnico-scientifica dell’accertamento. Questa esigenza nasce dalla consapevolezza che la responsabilità medica coinvolge accertamenti complessi e multidisciplinari, che spesso eccedono la sola competenza del medico legale e richiedono l’approccio integrato e specialistico delle leges artis.

La pronuncia non rappresenta un’innovazione giurisprudenziale, ma si inserisce in un orientamento ormai consolidato. La motivazione cita infatti due precedenti della stessa Terza Sezione – Cass. 32143/2019 e Cass. n. 12593/2021 – che avevano già affermato l’inderogabilità della collegialità e la nullità conseguente alla sua violazione.

La nullità come sanzione processuale

La Corte qualifica la violazione del principio di collegialità come inosservanza di norma processuale inderogabile, con la conseguenza che la sentenza fondata su una CTU non collegiale è nulla ex art. 156 c.p.c.

Tale nullità opera in ogni caso, anche quando:

  • la Consulenza Tecnica Preventiva sia stata disposta prima della legge 24/2017;
  • la consulenza sia stata ritenuta “sufficiente ed esaustiva” dal giudice;
  • le parti non abbiano sollevato eccezioni sulla composizione del collegio.

Procedibilità e validità: una distinzione necessaria

Un aspetto problematico riguarda l’impatto della mancata collegialità sulla consulenza preventiva quale condizione di procedibilità dell’azione risarcitoria (art. 8 della legge 24/2017). Benché la sentenza non affronti direttamente questo profilo, appare ragionevole distinguere tra:

  • procedibilità della domanda, che potrebbe ritenersi integrata anche da una consulenza preventiva monocratica svolta prima dell’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, e
  • validità dell’accertamento tecnico ai fini del merito, che deve comunque essere svolto in forma collegiale.

Di conseguenza, una consulenza tecnica preventiva non collegiale può non precludere l’accesso al giudizio, ma non può fondarne validamente la decisione.

Il diverso orientamento del diritto penale

Interessante il confronto con l’orientamento espresso dalla Cassazione penale (Sez. IV, 07/03/2025, n. 9455), che ha escluso che nei procedimenti penali per responsabilità sanitaria la nomina di un consulente tecnico unico determini la nullità dell’elaborato peritale.

Secondo la Corte penale, infatti, “nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, la nomina di un solo perito, anziché di un collegio, in violazione dell’art. 15, comma 1, legge 8 marzo 2017, n. 24, non è causa di nullità dell’elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incide sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo a offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio“.

Questa divergenza di orientamenti tra giurisdizione civile e penale evidenzia la diversa concezione delle garanzie processuali nei due ambiti, pur trattandosi della medesima materia sostanziale.

Il valore epistemologico della collegialità

Al di là dei profili tecnico-processuali, l’aspetto più rilevante della recente pronuncia della Corte di Cassazione civile sta nel riconoscimento dell’indispensabilità dell’affiancamento tra medico legale e specialista nella composizione del collegio peritale, quale presupposto dell’interazione tra sapere giuridico e sapere scientifico.

Questa interazione rappresenta la condizione necessaria affinché il giudice possa esercitare con piena consapevolezza e rigore logico-argomentativo la funzione di controllo sull’accertamento tecnico.

Il giudice, dunque, continua a essere – come noto – peritus peritorum, e a tal fine deve essergli garantita una base conoscitiva pluralistica e scientificamente solida. La collegialità non è quindi un mero adempimento formale, ma uno strumento epistemologico che assicura al giudice gli elementi necessari per una valutazione critica e consapevole dell’accertamento tecnico.

Coordinate operative per la prassi

Dalla sentenza n. 15594/2025 derivano alcune chiare indicazioni operative:

  • il giudice non può fondare la propria decisione su una consulenza tecnica preventiva monocratica, anche se antecedente alla legge 24/2017;
  • la mancata collegialità determina la nullità della sentenza;
  • la consulenza tecnica preventiva non collegiale, pur potendo assolvere alla condizione di procedibilità, non è idonea a fondare una decisione nel merito;
  • l’accertamento dovrà essere rinnovato in sede giudiziale nel rispetto del principio di collegialità.

La Suprema Corte, ribadendo con autorevolezza il divieto di consulenza monocratica nelle controversie civili di responsabilità sanitaria, tutela non solo il diritto delle parti a un giusto processo, ma primariamente l’interesse dell’ordinamento a una decisione giudiziale fondata su basi tecnico-scientifiche solide e multidisciplinari.

La collegialità della CTU si conferma così non come un vincolo burocratico, ma come un presidio di qualità dell’accertamento giudiziale, essenziale in un settore dove la complessità tecnico-scientifica richiede necessariamente un approccio pluralistico e specialistico. In questo senso, la pronuncia rappresenta un importante contributo alla costruzione di un sistema di giustizia civile più rigoroso e scientificamente fondato nel delicato ambito della responsabilità sanitaria.